Strana questa cosa dei viaggi, una volta che cominci, è difficile fermarsi. È come essere alcolizzati.
(Gore Vidal, La statua di sale, 1948)

venerdì 27 maggio 2011

Dreaming of... Machu Picchu

Pubblico oggi questo articolo perché esattamente un anno fa Fausto ed io eravamo in questo posto….

Ci siamo andati in viaggio di nozze e tutto il viaggio era stato costruito in base a questa giornata e al sogno che avevamo entrambi di andarci (chi ci conosce bene, infatti, pensò di regalarci dalla nostra lista nozze proprio questa escursione).

Detto ciò… oggi parlerò di MACHU PICCHU

Come già detto nell’articolo sulla sfiga del viaggiatore (http://vadoinviaggio.blogspot.com/2011/03/la-sfiga-del-viaggiatore.html) dopo aver prenotato il viaggio ci avevano avvertito che l’unica ferrovia che arriva nei pressi di Machu Picchu era stata distrutta da piogge incredibili… Ansia ansia ansia… per il giorno della nostra partenza avevano parzialmente risolto il problema recuperando una parte della monorotaia. Tutto il resto del viaggio doveva comunque essere fatto con una soluzione di emergenza… vabbè!

Machu Picchu è un’escursione che si fa da Cuzco, cittadina bellissima a circa 3000 metri di altitudine. Partenza dal nostro albergo cuzchegno alle 6.30 del mattino (in qualunque altra circostanza avrei abbaiato dal nervosismo ma quel giorno no, ero felice felicissima di vedere quel posto che tanto avevo desiderato).
Il primo pezzo di viaggio, come detto, l’abbiamo fatto con un pulmino a 6 posti sgangheratissimo su strade ancor più sgangherate… quasi 3 ore di viaggio in mezzo al nulla alternato da paesini con un sacco di baracche.
 
Dopo questa prima parte di viaggio, con una sosta in un postaccio con dei bagni,
prendiamo questa famosa ferrovia Cuzco – Machu Picchu.
Il treno attraversa in circa un’oretta l’amazzonia peruviana: natura che spadroneggia, sparuti accampamenti di persone, fiumi, animali: una cosa sensazionale.


La ferrovia termina ad Agua Caliente, località abbastanza insignificante se non fosse che è l’unico punto di accesso vero al sito archeologico.
Da Agua Caliente con un altro pulmino in una mezz’oretta ti portano in un punto in alto da cui, poi, devi proseguire a piedi.
Dopo un quarto d’ora di cammino in mezzo agli alberghi che ti impediscono di guardare sia alla tua destra che alla tua sinistra ad un certo punto ti giri alla tua destra e trovi questo:
 

Al primo sguardo tutta la stanchezza è stata ripagata. Machu Picchu era lì, immenso, esattamente come nelle foto del National Geographic, con nuvolette di nebbia nella parte alta.
Il posto è magnetico, indescrivibile. Appena ho visto la scena, forse perché volevo andarci da tempo, forse perché ci ero andata proprio in viaggio di nozze, mi si sono riempiti gli occhi di lacrime.


Machu Picchu è commovente perché racchiude il mistero, la cultura, il fascino, la storia, la natura.
Siamo stati lì in quel preciso punto fermi per un sacco di tempo a scattare fotografie all’impazzata, increduli!



Dopodiché abbiamo iniziato il giro (secondo me per girarlo bene servono almeno 3 ore) e poi abbiamo ripreso il nostro viaggio di ritorno verso Cusco stanchissimi ma veramente felici di quello che avevamo visto!
Nota di colore: l’autista del pullmino al ritorno aveva una vera passione per i neomelodici sudamericani… abbiamo fatto 3 ore e mezza di viaggio con la radio che trasmetteva all'impazzata l'equivalente di Luciano Caldore della favela con canzoni che ripetevano la parola corazòn ogni 3 per 2...ci sembrava di essere tornati a Napoli!

mercoledì 25 maggio 2011

Cibo e viaggi... il contest di Eve!

Visto che questo è un blog di viaggi e visto che il cibo è uno degli aspetti caratterizzanti di ogni paese, con questo post partecipo al contest della mia amica Eve (www.scriveve.it): La mela di Eve!



La ricetta (che avevo letto su qualche sito e provata per l’occasione) ha come elemento principale il The verde, elemento simbolo della cucina giapponese (come il nostro prezzemolo), paese in cui come tutti sapete sarei dovuta andare quest’estate.

Ingredienti:
200 gr di mandorle o noci sgusciate
1 bustina di pinoli
The verde in polvere
2 albumi d’uovo
1 bustina di vanillina
200 gr di zucchero a velo

Tritare le mandole e unirle alla metà dello zucchero a velo. Aggiungere la vanillina, il the e gli albumi (che avevate separatamente montato a neve con l’altra metà dello zucchero). Mescolate tutto.
Poi con le mani fate delle palline (per chi è napoletano come se stesse facendo gli arancini di riso) e fate rotolare la pallina in una ciotola con i pinoli in modo tale che la superficie si cosparga.

Mettete i biscotti su una teglia con l’immancabile carta forno e lasciate cuocere a 180 gradi per 10-12 minuti.


Arigatò!

martedì 24 maggio 2011

Metti un inverno a Sharm...

So che avevo promesso post sul nord africa… la verità però è che mi ci vuole un po’ di tempo perché tutte le foto di questi viaggi hanno avuto cattive sorti (e pure quelle dei miei amici che proprio per questo hanno definito questa sfiga fotografica “la maledizione di Tutankamon)… Devo quindi trovare un po’ di tempo per scannerizzare le foto che (per fortuna!) avevo stampato e scrivere il post con la dovizia di particolari che meritano.

Nel frattempo mi dedico al post (sempre a tema nord Africa per carità!) su Sharm, destinazione nazional popolare e bellissima.

Fausto ed io ci siamo stati un Capodanno, nel 2009 per l’esattezza. Avevamo veramente molto molto bisogno di riposo perché stavamo gestendo un fidanzamento a distanza Roma – Bratislava, con un matrimonio da organizzare, troppe ore di lavoro al giorno e poco tempo a disposizione per noi due. Grazie anche ad un bonus lavorativo arrivato propiziamente ad inizio dicembre decidiamo di prenotare questa settimana al mare in pieno inverno.

Partiamo dai dubbi che, almeno per quanto ci riguarda, ci avevano assillato maggiormente prima della partenza: che clima ci sarà? Potremo fare il bagno? Ma riusciremo a tornare abbronzati?
Senza dubbio non è il periodo più caldo per andarci, per loro è la punta massima invernale. Ma nonostante questo durante la giornata la temperatura arriva a 27-28 gradi e si può tranquillamente stare al mare (anzi, è ancora più piacevole non starci con i 40 gradi estivi e l’umidità che ti devasta). Unico problema è che verso le 5 fa buio e la temperatura si abbassa anche di 15 gradi… Noi andavamo di mattina al mare e al pomeriggio o oziavamo a bordo piscina (attrezzati con una felpina) oppure approfittavamo per escursioni varie.

Il villaggio da noi scelto, con il supporto dell’agenzia di viaggi, è stato lo Sheraton Dolphin con tour operator Viloratour http://www.viloratour.it/dettaglio_struttura.php?erp=9000.
 

Il villaggio ci è molto piaciuto: camere grandissime e molto carine, piscine stupende e, soprattutto, una bellissima spiaggia con tanto di barriera corallina. Noi siamo stati lì con formula All inclusive e ci siamo trovati benissimo… anzi abbiamo mangiato fin troppo! Trattandosi di un villaggio chiaramente la cucina era internazionale e la cosa onestamente ha contribuito al nostro relax. Unico neo: eccesso di turisti russi (e per russi intendo russe altissime biondissime magrissime) :-)

Non mi dilungo sulla vita da villaggio che è abbastanza simile ovunque ma vorrei indicare le escursioni che abbiamo fatto:
Monastero di Santa Caterina ad un paio d’ore di macchina da Sharm: patrimonio dell’UNESCO e luogo sacro per 3 differenti religioni, cristianesimo, islam ed ebraismo. Secondo me assolutamente imperdibile!
Dahab: cittadina molto carina sul mare con un mercato caratteristico. Ci si passa tornando a Sharm dal Monastero di Santa Caterina…
Barca con il fondo di vetro: è un giro rilassante in cui ti fanno vedere pesciolini e coralli… come giretto può andare bene ma non è niente di incredibile.. si vedono le stesse cose indossando la maschera e gironzolando in acqua!
Giro in quad nel deserto: siamo d’accordo, è una cosa turistica al massimo. Però è divertentissimo e.. date un’occhiata alle foto qui sotto… vale davvero la pena andarci per i colori e i panorami. (nota: indossate gli abiti più vecchi e logori che avete per andarci, al vostro ritorno sarà tutto da buttare)
che dire... io sono veramente innamorata dell'Egitto... e spero che il turismo di questo paese si riprenda in fretta perchè sarebbe veramente un peccato!

domenica 15 maggio 2011

Noi e l'Islam...

Visti i recenti avvenimenti in tutto il nord dell’Africa, ho deciso di avviare una “serie” di post dedicati a questa parte del mondo che è rimasta nel mio cuore per moltissime ragioni.

Noi ci siamo stati 3 volte: 2 in Egitto ed una in Marocco..
La prima volta ci siamo andati nel 2005 per una bellissima crociera sul Nilo. La seconda volta l’anno successivo, quando abbiamo fatto un tour delle città imperiali del Marocco ed una settimana al mare sull’oceano (Agadir). L’ultima volta (almeno per ora, ovvio!) siamo andati per Capodanno nel 2008 a Sharm El Sheik.

Come già detto qualche post fa (http://vadoinviaggio.blogspot.com/2011/03/la-sfiga-del-viaggiatore.html)  nel 2005 c’era stato un attentato terroristico a Sharm. Quella stessa estate, quindi, non c’erano tantissimi turisti (soprattutto italiani) in Egitto e questo ci ha permesso di stabilire un rapporto più informale con la nostra guida che ci ha parlato dell’Islam, della condizione della donna e di tutto quello che spesso ci viene presentato in tv come “il male assoluto”.

Abbiamo fatto delle lunghissime chiacchierate con Amin, la nostra guida lungo il Nilo,  un ometto simpatico e spiritoso che non avendo troppi turisti a cui badare trascorreva con noi le serate in crociera sul ponte della nave.

Prossimamente metterò qualche post che parla dei posti (tutti STUPENDI) che abbiamo visto ma oggi parlerò di questi incontri che ci hanno aperto la mente (del resto i viaggi servono soprattutto a questo, no?).

La unica moglie di Amin andava a lavorare e non portava il velo. Lui diceva che se lei o se la famiglia di lei fossero stati più tradizionalisti non avrebbe avuto nulla in contrario a che lei lo indossasse. Ma lei non voleva metterlo e a lui non dava fastidio. Si erano conosciuti, innamorati e sposati per amore. Nessuno della famiglia di lei l’aveva venduta bambina col burka e schiava ad un uomo adulto sconosciuto.
Avevano due bei bambini e speravano che diventassero acculturati e felici, così come ciascuno di noi si augura per i propri figli. Amin era contento del suo lavoro perché a differenza di molti lavori in Egitto gli consentiva di far vivere, insieme allo stipendio della moglie, dignitosamente la sua famiglia. Ci ha anche detto che molte donne che conosceva portavano il velo per scelta e non per imposizione e che quelle stesse donne, tornate a casa, erano in ordine e curate per i loro uomini. Tutti monogami. Tutti senza barba lunga. Tutti senza esplosivo nelle mutande.

Amin aveva amici esattamente come lui e parlava dei terroristi islamici come una piaga della loro religione, del loro paese, della loro cultura.

Mohammed, la nostra guida al Cairo, era preparatissimo, laureato, gentilissimo e alla ricerca dell’amore. Diceva che gli sarebbe piaciuto incontrare una ragazza egiziana ma anche straniera per la quale perdere la testa e sposarsi, avere dei bambini. Insomma… un po’ il pensiero di tutti i single del mondo occidentale e non.

Ora… io so che esistono gli integralisti. So che gli attentati sono una cosa agghiacciante. Ma so che anche noi, nel nostro paese, abbiamo i “terroristi”. Abbiamo gli estremisti di destra o di sinistra che vanno in giro con le spranghe a rompere la testa ai “rivali” e a sfasciare le vetrine. Abbiamo uomini (?) disgustosi che picchiano e tampinano le loro mogli, le loro fidanzate, le loro figlie. E non per questo tutti gli italiani devono essere additati come ultras.

Io sono una tradizionalista. Al ritorno dal viaggio di nozze, ad esempio, ho voluto che il mio letto fosse preparato con lenzuola ricamate di bianco così come si usava un tempo. E durante le feste mi sforzo di imparare a preparare piatti tradizionali affinché questa cultura culinaria non vada persa. E se nella mia cultura tradizionale ci fosse che devo indossare un velo in testa per strada forse lo farei. E personalmente lo troverei dignitoso (se fosse per mia volontà), sicuramente non meno dignitoso di ostentare lato B e lato A (e lati C,D, ...) per farsi assegnare qualche carica.

tutto qui... alla prossima!

mercoledì 4 maggio 2011

Los Roques... un paradiso in terra!

Oggi voglio parlarvi di un posto indescrivibile: Los Roques.
E’ passato quasi un anno da quando ci siamo andati e, ancora adesso, ogni tanto ho i sintomi da pubblicità della costa crociere:“sono appena tornato”.

Innanzitutto qualche coordinata geografica: l’arcipelago di Los Roques si trova in Venezuela, a circa una mezz’oretta di volo da Caracas. La sua collocazione più o meno all’altezza dell’equatore determina un clima stupendo per tutto l’anno. Sole sole sole sole.

Come arrivarci:
Per arrivarci è necessario prendere un piccolo aeroplanino da Caracas (si si quello che qualche anno fa è tragicamente caduto)….
Prima di partire per il Venezuela parenti e amici ci avevano terrorizzato sulla pericolosità di questi aerei al punto che sono arrivata all’aeroporto piuttosto agitata. Quest’agitazione è aumentata alla vista dell’aeroplanino (piccolo e datato), del pilota (ancor più datato) e del criterio di distribuzione dei 10 passeggeri su due aerei (in base alla stazza per equilibrare il peso).
Ma a quel punto ero lì, mi sono allacciata la cintura e ho sperato che andasse tutto liscio.
Appena l’aereo si è alzato in volo, però, sono stata contentissima di averlo fatto… Mare dai toni intensi del verde e del blu con atolli sparsi qua e là…
Nota organizzativa: Tenete presente che su questi aerei sono consentiti al massimo 10 kg di bagaglio. Se ci si arriva (come noi) dopo un viaggio più lungo si può richiedere o all’albergo di appoggio a Caracas o all’accompagnatore di Caracas di custodire la parte rimanente dei bagagli (chiaramente a pagamento). Per il resto 10 kg sono più che sufficienti per una settimana a Los Roques: non serve niente che non siano costumi, pareo, infradito e creme solari… un sogno!



Di cosa parliamo:
Appena atterri ti rendi conto di essere arrivato in un altro mondo… ci sono 200 metri di pista asfaltata e basta: tutto il resto è solo sabbia. Non esiste l’aeroporto, né il banco per il controllo passaporto: sceso dall’aereo prendi da solo i tuoi bagagli e l’assistente della tua struttura ti accompagna, a piedi, dalla pista all’albergo...
L’unica isola abitata dell’arcipelago è Gran Roque. E’ un’isola con 500 abitanti, senza strade asfaltate, senza macchine, senza motorini, con alberghi tutti senza tv.
Gli “alberghi” sono tutte strutture molto piccole (si chiamano posadas), con massimo 5-6 camere a conduzione più o meno familiare.
Se vi piace il lusso, il glamour e l’etichetta non ci andate: non è un posto per voi!
Los Roques è un parco naturale protetto e tutto, dall’architettura ai turisti, devono sottostare alle regole del parco: niente resort ma solo strutture molto piccole e semplici, aria condizionata solo in alcune strutture, e in alcune posadas acqua calda solo in alcune ore del giorno.
Ma a parte il fatto di essere un parco protetto l’arcipelago è volutamente rimasto un paradiso incontaminato. Tutto è semplice, cordiale, puro relax lontano dal mondo.

Dove alloggiare
Noi siamo stati alla posada Caracol. http://www.caracolgroup.com/it/index.cfm/posada-caracol/, una delle poche posadas dell’isola con aria condizionata, barca propria e con affaccio direttamente sul mare.
E’ una posada di conduzione italiana, con 4 camere in tutto, carine e semplicissime.
Siamo stati divinamente, coccolati fino all’inverosimile in un’atmosfera da sogno!
Colazione e cena vengono serviti davanti alla posada, a 3 passi dal mare. Ci sono 4 tavolini da 2, separati ma sostanzialmente uno attaccato all’altro in modo tale che la sera si può chiacchierare tutti insieme mentre si cena.  Il cuoco è bravissimo e ogni sera propone di secondo il pesce che è stato pescato quel giorno stesso proprio davanti alla posada (della serie dal produttore al consumatore). Chiaramente se non vi piace il pesce è un problema perché la carne non è prevista. Se proprio vuoi mangiarla devono ordinarla a Caracas e arriva dopo un paio di giorni.

Cosa fare
Dopo la colazione la mattina ti portano con la barchetta su una delle isole dell’arcipelago: non sto qui a descriverle tutte perché sono tutte INDIMENTICABILI. Ti lasciano su questa isoletta deserta con l’ombrellone, le sedie a sdraio e un mega frigo con dentro bibite a volontà, panini e snacks.
A volte stesso gli escursionisti che ti hanno accompagnato sull’isoletta restano lì con te per farti vedere i fondali, le tartarughe, le stelle marine. E la cosa affascinante è che lo fanno per puro amore nei confronti del mare, della natura, dei pesci e della vita che conducono in quel mondo a parte.
Altre volte ti accompagnano e vanno via per poi passare a riprenderti all’orario prestabilito.
Solo per avere un’idea… ecco qualche foto!

Francisqui
Noronqui


 Crasqui
Madrisqui
Cayo de Agua

Quando si rientra dal mare ti aspettano con uno spuntino e, prima di cena, ti portano l’aperitivo mentre sei lì a rilassarti sui lettini fronte mare. E magari restano lì con te a chiacchierare e a bere in questo clima di relax assoluto.
Dopo cena non c’è molto da fare… ci sono 2-3 locali in cui poter andare a bere qualcosa (rhum santa teresa) e continuare a chiacchierare per poi tornare scalzi, stanchi ma felici alla posada prima di un altro giorno di paradiso vero!

………….sono appena tornata!!...................